Combattere la denatalità
La denatalità costituisce una delle problematiche più critiche che oggi l’Italia si trova ad affrontare. Le conseguenze legate a questo angosciante fenomeno che affligge il nostro Paese sono drammatiche, sotto i più svariati profili: sociale, culturale, sanitarioed economico.
Il numero di giovani che lavorano sta rapidamente ed inesorabilmente diminuendo, a fronte di un opposto aumento della popolazione anziana non attiva, che ha bisogno di sostegno e di cure, che si traducono in un incremento di costi che lo Stato deve sostenere.
La tematica della natalità comincia a suscitare sempre maggiore interesse per la classe politica dirigente, tuttavia sotto il profilo legislativo i passi da compiere sono ancora molti.
Anzitutto, è necessario arginare il fenomeno quanto prima. Le donne italiane hanno sempre meno figli ed in età sempre più avanzata. Tra le diverse cause alla base del fenomeno rientrano sia quelle di ordine economico (fare un figlio costa!) sia quelle legate alle ambizioni lavorative.
Occorre che le donne vengano incoraggiate ad avere dei figli, auspicabilmente prima dei 25 anni, in una società in cui mancano misure efficienti che consentono alle famiglie di ricevere supporti adeguati sia in termini economici che dal punto di vista della presenza di strutture (quali gli asili nido) accessibili a tutti e diffuse in modo capillare su tutto il territorio.
Il Movimento per i bambini si prefigge, tra i suoi primari obiettivi, proprio quello di incentivare la natalità, di dar voce alle esigenze dei bambini, il nostro futuro.
A tale scopo, la nostra associazione ha elaborato alcune proposte e strategie che, a livello regionale prima e statale poi, potrebbero rivelarsi efficaci per contrastare il dilagante fenomeno della denatalità ed incoraggiare le donne ad avere fino a tre figli, e diventare mamme prima del compimento dei 25 anni.
1. Nello specifico, la nostra prima proposta concerne la legislazione statale e regionale sugli asili nido. L’idea è quella di presentare delle proposte di modifica che agevolino la creazione di nuove strutture, anche all’interno di aziende ospedaliere e non.
2. La seconda proposta ha ad oggetto la creazione di ticket decennali per ogni bambino. Il ticket è pensato come una somma di denaro di cui la famiglia usufruisce mensilmente, per i primi dieci anni di vita del bambino, allo scopo di provvedere al sostentamento ed alle cure del bambino.
Il ticket consiste in una somma di 500 euro, da destinare mensilmente alle famiglie che decidono di avere il terzo figlio, ed a quelle in cui le primipare hanno un’età inferiore a 25 anni, per i primi dieci anni di vita del bambino. Così come pensata, la misura ha in sostanza carattere ventennale, in quanto si prevede di erogare i ticket per dieci anni, a tutte le famiglie che rientrano nelle categorie già indicate e decidano di avere figli nell’arco di quel decennio.
Facciamo un esempio: poniamo il caso che i ticket siano concessi a tutti i nati tra il 2020 ed il 2030; i nati nel 2030 usufruiranno dei tickets per i dieci anni successivi. In totale, dunque, la misura viene, effettivamente, erogata per vent’anni.
La misura è pensata come un sostegno economico mensile, un contributo che consente alle famiglie di sostenere i costi per gli asili nido, per i farmaci, per i beni di prima necessità etc.
L’idea è quella di avere ticket bimbo da utilizzare esclusivamente per le finalità qui esposte. Al fine di consentire un controllo accurato a che le somme siano destinate unicamente alle esigenze del bambino, si potrebbe pensare ad una carta (fisica o telematica) da utilizzare all’interno di un sistema operante nel territorio in cui inserire strutture scolastiche (quali gli asili nido, le materne, le primarie di I grado) ed esercizi commerciali (si pensi alle farmacie per l’acquisto di farmaci e latte in polvere, oppure ai negozi di vestiti e di generi alimentari) ove presentarla.
I tickets, inoltre, potranno essere sostituiti da detrazioni fiscali, per chi ne faccia richiesta.
Se da un lato i tickets rappresentano un aiuto per le famiglie, dall’altro parrebbero costituire un costo per la Regione e per lo Stato nel breve periodo.
Ipotizziamo di erogare la misura ai terzi figli e ai figli nati da primipare di età inferiore a 25 anni.
- Quanto costerebbero i ticket da 500 euro alla Regione Piemonte?
Secondo i dati ISTAT, i nati nel 2017 sono 30.830. Ipotizziamo, a seguito di stime approssimative, che solo 4.600 siano terzi figli. Il costo dell’erogazione della misura ammonterebbe, dunque, a circa € 27.600.000 per il primo anno.
Vieppiù, il 10% delle primipare ha meno di 25 anni. Il totale di figli nati da primipare con meno di 25 anni ammonta quindi a circa 3.080, su un totale di 30.830, che in termini di costi si traduce in € 18.480.000 per il primo anno.
In totale, la spesa da affrontare di tradurrebbe in € 46.080.000 il primo anno.
- Quanto costerebbero i ticket allo Stato?
Secondo i dati ISTAT, nel 2017 l’Italia ha contato 68.400 terzi figli, su un totale di 458.151. Il costo dell’erogazione della misura ammonterebbe, dunque, a circa € 410.400.000 per il primo anno.
Il 10% delle primipare ha meno di 25 anni. Il totale di figli nati da primipare con meno di 25 anni ammonta quindi a circa 45.800, su un totale di 458.000, che in termini di costi si traduce in € 274.800.000 per il primo anno.
In totale, la spesa da affrontare di tradurrebbe in € 685.200.000 il primo anno.
Se passiamo all’ipotesi di erogazione della misura al II e III figlio, si potrebbe pensare all’erogazione di € 250 al mese per il secondo figlio e €500 al mese per terzo, per la durata di 10 anni e fino al compimento dell’età di 10 anni.
- Quanto costerebbero i ticket alla Regione Piemonte?
1. Se, per ipotesi, nel 2017 il numero di secondi figli in Piemonte ammontasse a circa11.812. Il costo dell’erogazione della misura ammonterebbe, dunque, a circa € 35.500.000 per il primo anno.
2. Sempre in via ipotetica, se il numero di terzi figli ammontasse a circa 4.599. Il costo dell’erogazione della misura ammonterebbe, dunque, a circa € 27.600.000 per il primo anno.
Per un totale di € 63.100.000 per il primo anno.
- Quanto costerebbero i ticket allo Stato?
1. Se, per ipotesi, nel 2017 il numero di secondi figli in Italia ammontasse a circa 175.539. Il costo dell’erogazione della misura ammonterebbe, dunque, a circa €527.000.000 per il primo anno.
2. Sempre in via ipotetica, se il numero di terzi figli ammontasse a circa 68.345. Il costo dell’erogazione della misura ammonterebbe, dunque, a circa € 410.070.000 per il primo anno.
Per un totale di € 937.070.000 per il primo anno.
3. La terza è quella di incentivare una maggiore parità lavorativa fra i sessi. La paternità dovrebbe essere equiparata (o quasi) alla maternità, in termini di agevolazioni e di riduzioni orari, di periodi di assenza lavorativa per la cura del figlio ecc. Si potrebbe pensare a incentivi e/o sgravi contributivi e fiscali per imprese e datori di lavoro le cui dipendenti diventino mamme.
4. Infine, ci prefiggiamo di favorire una maggiore sensibilizzazione delle famiglie, e della popolazione in generale, sulla tematica della denatalità attraverso l’organizzazione di convegni, di raduni di persone, di campagne mediatiche massive che consentano di far conoscere i gravi rischi che il nostro Paese corre a causa della denatalità e al contempo gli innumerevoli vantaggi legati, invece, ad un aumento delle nascite.
Le spese che lo Stato affronta per aiutare i bimbi sono davvero delle spese? È corretto definirle “costi”?
Forse, ma solo nel breve periodo. Nel lungo periodo, infatti, ogni essere umano rappresenta un’unità produttiva, che consente allo Stato di crescere economicamente e culturalmente.
Il denaro utilizzato per il mantenimento di un bambino è in realtà un investimento.Per ogni bambino che non viene messo al mondo, infatti, lo Stato affronta una perdita. Perdita ulteriormente aggravata dall’invecchiamento demografico, che comporta spese aggiuntive per la cura degli anziani e per il sistema pensionistico. Spese che non sono, però, bilanciate dalle entrate della popolazione giovane attiva, che si riduce inesorabilmente.
La domanda che dobbiamo porci è, dunque, a quanto ammonta la perdita economica di una vita che non viene messa al mondo? Oppure, quanto vale economicamente un giovane che lavora? Secondo quanto emerge dai dati del centro Studi di Confindustria, circa 165.000 euro. Costo che equivale alla spesa affrontata da una famiglia dalla nascita del figlio, fino al compimento dei 25 anni.
Per capire quanto vale una vita umana, sia in termini di innovazione culturale che in termini di investimento economico, è possibile equiparare il fenomeno della denatalità a quello della migrazione, e della cosiddetta fuga dei cervelli.
Dagli studi effettuati è emerso che solo nel 2015 più di 51.000 persone sotto i 40 anni sono emigrate. In termini economici, la perdita per il Paese equivale a circa 8,4 miliardi solo nel 2015. Per ogni persona che emigra, e parimenti per ogni persona che non nasce, lo Stato perde annualmente cifre colossali.
Secondo quanto emerso da alcuni studi del CNR, il valore delle mancate entrate per il Paese in rapporto ad ogni singolo emigrante è pari, al netto delle spese sociali, a circa 65.000 euro annui.
La denatalità cammina di pari passo con l’invecchiamento demografico: il numero di persone che nascono è inferiore alla percentuale di popolazione che ha superato i 65 anni d’età. Quest’ultima, difatti, è in continuo aumento: si pensi che dal 2008 al 2018 la popolazione degli over 65 è aumentata del 2.4 %. Stando alle stime ISTAT, i decessi non saranno compensati dalle nascite.
Investire, dunque, sulla natalità appare doveroso. Vieppiù se si pensa che i costi necessari da affrontare sono, rispetto alle perdite, davvero irrisori, ovvero 6.000 euro annui per i primi dieci anni di vita di un bambino.